Alan Scuro – Episodio XL – Tarlo fuori

(Nell’episodio precedente, Lira, in preda al tarlo che si portava dentro, è svenuta librandosi come una bolla di sapone sulla superficie lunare. Riuscirà Aiello a riportarla sul robottone e a condurla così verso un tarlo ben peggiore?)

– Lira, svegliati. Lira!

Lira era avvolta dalla polvere lunare come un uovo dalla farina nel laboratorio di Zia Elvira. Aiello le aveva tentate tutte per farla rinvenire, eppure la Prestabilita sembrava averlo scambiato per la sveglia scolastica. Prima di Alan Scuro, era solita rimandarla a non finire.

– Smettila di colpirmi in faccia, non sono una sveglia…

Aiello osservava Lira abbandonata nella polvere bianca come la sua pelle. Rannicchiata in posizione fetale sembrava quasi una bambina abbandonata dalle stelle sulla Via Lattea, le stesse stelle che ora, pentitesi, le ruotavano intorno, vegliando perché il destino della ragazzina si compisse per come era stato in loro prestabilito. Per come era scritto dai tempi negli astri lucenti.

La tuta spaziale metallizzata a bande rosse le faceva da pigiama, mentre l’espressione corrucciata lasciava trasparire che Lira stesse vivendo, se non incubi, sogni amari, come una zuppa di rape senza rape che tradisca il sapore di fragole e cafè moulu.

– Cosa ci fai qui, Lira… Tu non sei fatta per questa vita. Chi lo è mai stato…

Il giovane Lightbeam si mise Lira su una spalla, e reggendola con una mano dietro alle cosce, fece insieme a lei il primo gradino del robottone, ancora acceso e fremente di tornare sul fronte.

Ma la ragazzina abbandonata in se stessa dalle stelle, per via del materiale sdrucciolevole di cui era composta la tuta spaziale aderente della Chimichanga Dam, gli cadde quasi subito dietro alla schiena, scivolando lungo il cappotto di cammello del Prestabilito americano, ancora una volta verso il placido suolo lunare.

Già una volta Lira era caduta, sola e da molto più in alto, rimanendo illesa per via della lieve gravità della situazione. Tuttavia Aiello, nel silenzio totale che vigeva sul satellite terrestre, venne lo stesso scosso dal sentirsela scivolare via. Non poteva dimenticare il Dimenticatoio, questa volta voleva salvare la sua compagna. Ma nel goffo tentativo di voltarsi e al contempo riafferrare la figlia di Alan Scuro, le mise accidentalmente entrambe le mani dove proprio Alan Scuro non avrebbe voluto.

– Lira, tirati su…

Non lasciò subito la presa, non ne sentiva il bisogno, del resto stava solo evitando che una Prestabilita precipitasse, seppur sul morbido. Stava facendo il suo dovere. Eppure quando non lontano vide orbitare il Biblio-Tob, Aiello arrossì di colpo e Lira librò nuovamente nella polvere da dove era stata raccolta, come una piuma metallizzata a bande rosse dalla rara umanità.

– Io, posso spiegare. Stava cadendo… Semplice… – disse Aiello all’astronave lontanissima dove riposava la sua amata.

– Aiello…

– Lira, sei sveglia?! – disse il Prestabilito cadendole lentamente a fianco a gambe larghe.

– Aiello, dimenticala… Stai con me. Io non ho più nessuno se non te. Non sarà un mezzo amore se saremo in due…

– Dammi la mano, Lira.

Aiello riportò la futura eroina nella cabina di pilotaggio, questa volta tenendola per la mano, sospesa nel vuoto.

Non appena il Numero Cim si accorse che i Prestabiliti erano nuovamente in due, riorganizzò la sala comando singolarizzando la seconda postazione verde fosforescente, dove Lira fu dolcemente adagiata nel riprendersi dal tepore con due battiti di ciglia, scossi dai verdi lampi dei motori.

– Cosa è successo? Siamo già arrivati a scuola?

– Finalmente sei tornata tra noi. Volevi dire al Varco di Tarlo – le rispose Aiello concentrato sui comandi.

– Ah, giusto. Meglio così. Meglio qui che a scuola.

– Fidati di me, la rimpiangerai.

– Dove siamo, Aiello? Cos’è questo buio?

– Siamo dietro la Luna, dove comanda l’oscurità. Ed ecco a te, il Varco di Tarlo! Complimenti, Lira Scuro, sei la prima Prestabilita che ne vede uno prima di aver compiuto i diciassette anni.

Lira si slacciò la cintura luccicante come un evidenziatore verde e andò verso il vetro della cabina, appoggiandovi entrambe le mani e rimanendovi a bocca aperta. Non aveva mai visto una tale notte e stelle così luminose prima di allora, nemmeno sulle montagne viola dei Sibillini. Tuttavia non c’era nessun varco, da nessuna parte, almeno per come lo aveva sempre immaginato o visto nei film di fantascienza.

Illuminata dal Faro-Tob v’era solo una scia verdognola. Sembrava sbucare da una piccola sfera azzurra per poi allungarsi, sinuosa e indisturbata, fino a passare di fianco al robottone occhialuto a forma di faro marittimo. A Lira parve il letto di un fiume inquinato, agitato e sospeso nel nulla.

– Aiello, dove va quel fiume? Sembra girare intorno alla Luna.

– Va verso la Terra, per questo dovremo fare in fretta…

Subito dopo Aiello, leggendo dal telefono, parlò in quello che sembrava un microfono di Numero Cim come per richiamare a sé un cagnolino. Al contempo Lira sentì ripetere le stesse parole da una roboante voce meccanica, che pervase l’intero robottone e, incredibilmente, dato che nello spazio non v’è alcun suono, anche l’oscurità circostante il colossale faro bianco da combattimento. Era la voce del Faro-Tob, ed era rivolta alla piccola sfera luminosa da cui il fiume verdognolo prendeva vita. Il Varco di Tarlo, sorgente celeste di ogni verde male.

Quando Lira stava per chiedere ad Aiello cosa avesse appena detto nel microfono verde shocking, dato che l’americano non aveva usato un idioma che le fosse sembrato umano, dalla piccola sfera azzurra comparirono due enormi dentoni rotondeggianti. Sembrarono divorarne la luce, tuttavia la sfera, anziché svanire, si ingrandì, e al secondo morso si allargò ancora di più, e ancora, e ancora, fino a divenire una piccola stella cerulea. Un’aurora azzurra venne allora propagandosi sul lato nascosto della Luna e sul volto di Lira, privandoli, di colpo, della loro oscurità.

– Guardalo che carino, Lira. Quello è l’Intertarlo e sta divorando lo spazio-tempo!

– Oh, Gesù, Giuseppe e Maria.

Quando l’essere presentato in largo anticipo da Aiello poté passarci, sbucò dalla sfera celeste che aveva allargato con l’intero faccione azzurro che si ritrovava. Era un lungo vermone molto simile ad un salsicciotto di pongo azzurro, con una bocca enorme costellata di dentoni bianchi a mezzaluna che gli percorreva l’intero faccione da destra a sinistra. Gli occhi dello strano mostro, grande come un grattacielo, erano due pallini neri e inespressivi, che, in un’espressione nel complesso da ebete, sembravano chiedere: Che c’è?!

Ma Aiello non poté rispondere, perché non appena la sfera si ingrandì, lo fece anche il fiume inquinato che ne fuoriusciva. Erano cimici, e sempre più grandi impattarono contro il vetro dov’era Lira, facendola ritrarre per lo spavento e ripiombare nell’oscurità.

– Dobbiamo fare in fretta, Lira, o le Cimiciccionissime passeranno. Ma prima… Raggiera di Luce del Faro-Tob!

Dalla stella nana bianca incastonata sopra al robottone di Aiello Lightbeam, un fascio di luci circolare si propagò tutt’intorno incenerendo ogni cimice di piccola e media grandezza, nonché le Cimiciccione che erano già riuscite a passare dal Varco di Tarlo.

Era il colpo più forte del Faro-Tob e nell’oscurità vi fu un’esplosione luminosa di maleodorante farina d’insetto. Dopodiché Aiello intimò a Lira di riallacciarsi la cintura e guidò il robottone verso l’Intertarlo in un Cosmic Boom che aggiunse un battito ai loro cuori.

– Togliti di mezzo, Intertarlo, dobbiamo passare! – urlò Aiello nel microfono fosforescente e subito il grosso vermone rientrò spaventato nell’enorme varco azzurro come un’anguilla nell’acqua.

Dopodiché, per Lira fu l’azzurro di un tunnel che sembrava infinito, nel quale il robottone, , inseguendo la coda pinnata dell’Intertarlo, ogniqualvolta riusciva faceva fuori tutte le cimici dirette nel senso opposto verso il nostro pianeta.

– Lira, non dobbiamo perderlo di vista. L’Intertarlo è l’unico in grado di divorare temporaneamente lo spazio-tempo per farci uscire e da qua dentro non riuscirei a richiamarlo se l’uscita dovesse risigillarsi.

– Ma come farà la Terra con la cimice gigantesca che è appena riuscita a passare, era grande come un palazzo! Non pensavo potessero esistere dei mostri simili.

– A quella, Lira, penserà la Chimichanga Dam o al limite tuo padre. Essendo una Cimiciccionissima non abbiamo il tempo di combatterla. Tieniti forte e trattieni la pipì. Siamo diretti ai confini del cosmo, a milioni di volte la velocità della luce.

Nell’azzurro.

(Continua…)

L’Episodio XLI di Alan Scuro – Collezionismo sfrenato – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 17-10-2023, alle ore 00:00.

Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi

(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)

Il racconto è finito, per ora. Grazie per il tuo tempo e, se ti va, condividilo!

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