Alan Scuro – Episodio XLVII – Quei due 2

Questo è il cinquantesimo racconto di Alan Scuro. Li ho scritti uno alla settimana, per cinquanta settimane consecutive – so che sul titolo figura il numero 47, ma nel computo bisogna considerare anche i tre episodi filler, recuperabili sempre nel sito. Vorrei ringraziare i miei pochi, ma stimabili lettori. Soprattutto babbo e mamma. Grazie di cuore. Vi prometto che un giorno, sotto un ponte o in cima a un palazzo di cento piani, sarò un vero scrittore, e Vi penserò.

(Nell’episodio precedente, il contabile Calvin, ora alla deriva nel cosmo, ha rifiutato un intero milione di euro dal falso gioco televisivo Chimichanga Prank Show, pur di tornare alla sua vita di tutti i giorni… Ci riuscirà? Spoiler: no. Ve l’ho appena detto che ora è alla deriva nel Cosmo. Su! Un po’ di attenzione! E poi dovreste aver letto gli episodi precedenti, quindi dovreste sapere che questo è un flashback. Li avete letti, vero?”)

Le persone nella metropolitana berlinese ripartirono come se qualcuno avesse premuto play, insieme ai treni, ai bagni pubblici e ai topi spaventati, che per qualche minuto avevano pensato di essersi accaparrati il mondo. Ognuno dei viaggiatori da brevi tratti tornò alla propria vita di sempre, al proprio lavoro, alle proprie commissioni, ai fantasmi da evitare e agli amori da incontrare. Tuttavia al contabile Calvin, colui che là sottoterra più di tutti teneva alla sua routine, al suo solito tornello e alle care rotaie, non andò così bene.

Zwi e Dri Secret sbloccarono il suo tanto amato tornello, e inizialmente la freccia verde di via fece sperare a Calvin che da lì in poi quei due strani individui lo avrebbero lasciato in pace. Tuttavia scendendo le precipitevoli scale mobili, ogni due per tre Calvin si guardava lo stesso le spalle, per controllare se lo stessero seguendo. Sembravano spariti, ma anche la sola possibilità che potessero ripresentarsi, aumentando ulteriormente il suo ritardo accumulato nei confronti della fabbrica di assorbenti Dam Dam, terrorizzava la sua fragile mente scandita a mo’ di metronomo.

Arrivò il treno presagito da un vento che sapeva di pasticche bruciate. I due fari nel buio della galleria lasciarono trasparire una qualche speranza di già visto, in quella fermata sempre gremita ma ora sinistramente deserta. Tutto per Calvin doveva tornare a scorrere liscio come quel nuovo treno verde acido a bande rosse che gli stava rallentando davanti, tutto doveva tornare come sempre, ovvero come Calvin aveva deciso che dovesse essere scandita la sua esistenza se voleva poter zittire la voce nella testa che, per ogni minuto di ritardo, lo sottoponeva a quella nenia punitiva autoinflitta: “Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto”.

Si aprirono le porte del treno, tuttavia l’alieno monocolo che vi era impresso, lo stesso che Calvin aveva visto poc’anzi sul display del tornello bloccato dai Secret, provocò nel neo ritardatario contabile un brivido lungo le vertebre, che divenne gelo quando l’omino notò le sembianze degli altri passeggeri nel convoglio. Erano tutti mascelloni in vestito verde acido, come i due che avevano tentato di distoglierlo dal suo solito percorso casa-lavoro-spesa-casa. Qualcuno di loro, con baffi finti, faceva finta di leggere il giornale, alcuni spingevano passeggini immaginari con sulla testa cotonate parrucche cinesi, mentre altri canticchiavano Paradise di Phoebe Cates, distesa nella carrozza dai diffusori per gli annunci di fermata.

L’istinto di Calvin fece un passo indietro e nella sua testa un istinto vendicativo sostituì le parole della canzone di Phoebe Cates con: – Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto.

Le porte si chiusero allora dietro alle spalle vinte del remissivo Calvin. Inizialmente il contabile mantenne un certo obbligato decoro, ma non appena un Secret coi baffi abbassando il giornale gli fece l’occhiolino, Calvin iniziò ad abbaiare: – Chi siete voi?! Ho detto che non voglio partecipare al vostro stupido show, non voglio i vostri soldi. Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto!

Ma nessuno dei mascelloni gli diede corda, anzi, fissarono Calvin indispettiti, come quando in un vagone di gente perbene entra un pazzo con un sacchetto di carta a forma di bottiglia. Fu così che Calvin, con la coda fra le gambe storte, andò a sedersi nell’unico posto vuoto. Era quello tra i due Secret Zwi e Dri.

Pur di sedersi e calmarsi un po’, Calvin non li aveva voluti riconoscere. Si erano travestiti uno da avvocato, aggiungendo al proprio vestiario solo una valigetta col simbolo della Dam, e l’altro da signora in parrucca color carota e occhiali da sole a cuore. Quest’ultimo, Dri, teneva in grembo un neonato, mascellone e anche lui in occhiali da sole.

Il treno metropolitano ripartì, ma dopo una prima canonica accelerata, che fece oscillare Calvin fra i due agenti, ci fu un lampo verde, e come a perforare il tempo il convoglio uscì da sottoterra fra i ghiacci del Polo Nord.

Poco lontano, una struttura verde acido a tre torri. con sopra a ogni torre tre sfere, spiccava come spiccherebbero tre pini fra la neve. La musica soave di Phoebe Cates lasciò allora il posto a una voce metallica, sicuramente proveniente da un mascellone: – Fermata capolinea Base 212 della Chimichanga Dam. Ci scusiamo per il cambio di rotta. L’uscita è sulla destra, grazie per aver viaggiato con la Freccia Verde Chimichanga.

Mentre i mascelloni uscivano alla rinfusa dalla carrozza e si dibattevano nella neve profonda con scarpe inadatte, Calvin non si preoccupò di dov’era finito. Piuttosto quello che sempre più lo affliggeva era il ritardo che avrebbe fatto a lavoro, se solo fosse stato costretto a tornarci a piedi dal Polo Nord.

– Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto, mi scusi, – chiese Calvin in ansia a Dri e al suo bambino 007, – dove siamo? Dimmi la verità. Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto… Non può essere il Polo Nord. Non mi sono svegliato e sono ancora a casa, vero? Questo mi costerà almeno un milione di Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto…

– Lo vedi quel robottone a forma dell’antico dio Zeus parcheggiato non appena la nostra base segreta?

– No.

– Ora lo vedi? – gli disse Dri aprendogli a forza le palpebre serrate dalla paura.

– Sì. Il frizzante…

– Quella sarà la tua nuova casa, Calvin Bias. Da oggi sei un Prestabilito, uno dei sette piloti di robottoni a protezione del mondo.

– Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto… Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto… Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto… – Calvin ripeté quella nenia infinite volte mentre lo portavano via fra la neve. Poi, quando toccando con la mano l’acciaio freddo del robottone comprese che era tutto reale, come quei due agenti che all’accelerata del Freccia Verde aveva sentito su di sé, finalmente svenne e stette zitto.

Dopo che fu portato da un UFO-Pentola nella cabina del suo robottone celeste e dorato, Calvin rinvenne ripetendo la sua frase. L’aveva sognata per tutto il tempo. E mentre la cabina di pilotaggio si adattava dolcemente alla sua forma a pera, Calvin svenne di nuovo. Poi gli occhi della divinità meccatronica si accesero e il decollo fu d’un verde lampo la scia.

Calvin era appena stato arruolato dalla Chimichanga Dam. Suo padre Agron Bias, anni prima, aveva perso quello che aveva sempre ritenuto il suo unico erede maschio, stritolato nella cabina di pilotaggio dello Zeus-Tob dallo stesso Numero Cim che al contrario accoglierà il nostro contabile, Quel materiale fosforescente, animato, cangiante, nonché severissimo, aveva riconosciuto che quello nella cabina non era il vero primogenito di Agron Bias e lo aveva spremuto come un’arancia, fra atroci sofferenze e davanti allo sguardo incredulo di sua madre e di tutti i Secret della Base artica 211. Gli uffici segreti della Chimichanga Dam successivamente a quella tragedia impiegarono qualche anno per rintracciare Calvin, il primissimo figlio che Agron avesse avuto, cui concepimento risaleva addirittura all’epoca del suo primissimo ritorno ottobrino sulla Terra.

La madre di Calvin era una cameriera dell’Oktoberfest con la quale il Prestabilito medico Agron Bias si era intrattenuto durante una pausa fra una birra e un’altra, nel sudicio retro di un bagno da traino, prima di dimenticarla in una collina dove poco più in là dalla festa era svenuto. Dunque era Calvin il suo vero primogenito, l’unico vero Prestabilito a cui spettasse di pilotare il robottone Zeus-Tob, nonché l’ultima persona che venne a saperlo.

Su Neron Quesar invece c’è poco da dire, se non raffinata eleganza e intelletto tagliente. Mentre il fratellastro di Calvin, prima di essere spremuto vivo si era laureato in medicina già all’età di sedici anni, pur di portare avanti il buon nome dei Bias, piloti di robottoni e medici allo stesso tempo, Neron aveva fatto lo stesso in filosofia, come suo padre prima di lui, ed ereditato l’Artemide-Tob di famiglia, non appena il suo diciassettesimo compleanno, era partito per il suo destino a lambire i confini dell’Universo che fino ad allora aveva solo teorizzato.

Quando anni dopo il suo arruolamento Neron vide arrivarsi addosso Calvin al seguito di tutte le sue paturnie, in qualche modo se ne affascinò.

– Ora lo faccio fuori – disse Alan Scuro quella volta, quando dopo la morte di Didamante venne a sapere che Calvin si era nascosto dalla battaglia contro la Regina delle cimici (Episodio 3), e che Neron neppure aveva potuto combattere perché occupato a farlo tornare in sé.

– Il frizzante pescatore Fritz ha pescato un pesce fritto.

– No, Alan Scuro, – intervenne Neron leggendo un libro in greco antico, scritto da lui, – non lo ammazzerai.

– Perché non dovrei? filosofo dei miei coglioni! Se Didamante avesse avuto il vostro supporto…

– Innanzitutto perché quell’infausto giorno, anche tu, Alan Scuro, sei rimasto fermo, in disparte, a guardare il tuo amico Didamante morire decapitato per via delle tue paure. E poi perché, se oramai conosco tutto dell’universo, della sua ripetitività, dei suoi sprechi di tempo e delle sue distese di nulla, su Calvin Bias, quasi gemello del cosmo, non posso di certo affermare lo stesso.

(Continua…)

L’Episodio XLVIII di Alan Scuro – Il male dei mali – verrà pubblicato, sempre qui, sempre in settimana, ma solo non appena lo avrò finito di scrivere in tutta calma. Perché è festa e non voglio alcuna costrizione. Auguri!

Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi

(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)

Il racconto è finito, per ora. Grazie per il tuo tempo e, se ti va, condividilo!

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