Durante il tragitto dall’orfanotrofio Lightbeam di Boston a chissà dove, il furgoncino passò di fianco a un colle con tre croci nere. Dietro, il cielo rosso dei tramonti.
Su quella centrale, crocifisso e con un corvo che ne beccava i bulbi oculari, c’era Scammort, col suo tricorno da viaggio.
– Sempre rapidissimi voi Secret, – disse Immanuel a Tod, – non ci è nemmeno arrivato dal vescovo.
– L’idea delle croci è stata di Alan Scuro, – disse Tod Secret fissando la strada, – quindi sarà il vescovo che verrà posto al suo fianco. E se ci scappa anche il papa.
– Ma cosa gli avete fatto? Perché? – chiese suor Mary che non si era mai inoltrata nella cartella “Salmi privati” di padre Scammort.
– Lo abbiamo fermato, – disse Immanuel scartando un cioccolatino, – indagando sul suo conto abbiamo raccolto abbastanza testimonianze per condannarlo. Anche se già una sola a noi sarebbe bastata.
– E la Giustizia? Voi Predestinati non potete fare sempre così! – esclamò suor Mary indispettita. Ma non troppo, sarebbe stata più indispettita se qualcuno le avesse rubato il parcheggio al convento.
– Molte altre croci verranno erette per coloro che nella Giustizia hanno a lungo chiuso un occhio su Scammort, – disse Tod Secret, – questa è la Chimichanga Dam.
Nemmeno Aiello sembrava troppo turbato. Non riusciva a non approvare dopo aver asciugato i pianti delle ragazze in divisa che Scammort aveva sconvolto. E poi non era la cosa più strana successa quel giorno, almeno fino ad allora.
Il camioncino dei gelati rallentò d’un tratto, fino al fermarsi nei pressi di un piccolo spazio verde non curato, con giusto due alberelli scheletrici lì lì per seccarsi. Il cono con tre gusti sul tetto ondeggiò cigolando.
Era il probabile terreno della residenza con rimessa poco più in là, una casa color prugna a due piani. Aveva le finestre incorniciate di bianco e se non fosse stato per un bovindo tipicamente americano dello stesso colore, poteva assomigliare a una casa alpina, per via del tetto spiovente atto a proteggere l’abitazione in legno dal peso delle forti nevicate dovute al clima continentale.
– Siamo arrivati, Aiello. Questa è casa mia, – riferì suo padre, – usa il bagno, fra poco si riparte.
Con suor Mary Firecross accanto e Immanuel Lightbeam poco più avanti, col cappotto di cammello sulle spalle, Aiello percorse il viale che portava alla veranda, anch’essa in tinta con le cornici delle finestre e con gli altri dettagli esterni della casa del Rettore. Tod Secret, appena sinceratosi che i tre erano entrati in casa, ripartì, riaccendendo la musichetta. Il cono ballonzolò nuovamente.
Non credo che anche accendendo la melodia, – disse Aiello, – qualcuno potrebbe scambiare quell’energumeno per un uomo dei gelati. È vestito da 007 e ha una mascella incredibile!
Ma non ottenendo nessun commento né dal rettore del MIT, messosi subito a studiare delle carte con sulla copertina il simbolo della Chimichanga Dam, né dalla suora, corsa in cucina a preparargli uno spuntino, Aiello comprese di aver parlato per sfuggire al disagio del mai vissuto.
Per la prima volta, Aiello si trovava in una casa della periferia bostoniana coi suoi, seppur stravaganti, veri genitori. La realizzazione del suo più grande sogno era arrivata e Aiello non se ne era nemmeno accorto.
– Usa il bagno, Aiello – ribadì il padre.
– Non mi scappa.
– Peggio per te.
– Mangia qualcosa – disse la madre, porgendogli pane e burro di noccioline.
– Grazie, suor Mary.
– Ma poi usa il bagno – disse anche lei.
– Non mi scappa!
– Non importa, tu provaci. Tieni dell’altro succo.
Perché anziché svelargli cosa stava per accadere, i due pensavano solo alla sua pipì? Chi erano i Predestinati? Perché erano al di sopra della legge e perché da loro dipendeva il destino terrestre? E i loro nemici, chi erano? Ma soprattutto, dove lo avrebbero spedito?
Mentre mangiava e beveva con nervosismo il suo primo pasto in famiglia, Aiello si poneva queste e molte altre domande, spaventato, curioso, felice, sazio.
A un tratto la magnifica intelligenza di Aiello, insieme ai sei bicchieri di succo arancione che sua madre suor Mary gli aveva versato uno dopo l’altro da una tanica in plastica simile a quella dei detersivi, lo portò a convincersi che in fondo un po’ di pipì doveva farla, se non altro per sicurezza. Ma era troppo tardi, Immanuel Lightbeam si era alzato in piedi ed aveva esclamato: – Devi partire, ora.
– Ma si è bevuto non so quanto succo! Gliene ho dato tanto apposta per fargli fare pipì.
– Ho fatto i calcoli, il Biblio-Tob orbiterà sopra a Boston fra poco e il mio UFO-pentola è senza carburante dato che sono appena tornato, Mary. Peggio per lui.
– UFO-cosa? Chiese Aiello.
Presto i tre furono alla rimessa a fianco alla casa. Nel cielo notturno, nuvoloni neri scintillavano tonanti.
– Bene, il temporale coprirà l’accelerazione ultrasonica – disse Immanuel.
– L’accelerazione ultrasonica di cosa?
– Dell’UFO-cosa.
Immanuel Lightbeam spalancò la rimessa e tirò via un telo color trifoglio da sopra un grosso oggetto discoidale. Al di sotto, un piccolo UFO nero scintillò dell’azzurro dei lampi.
– Ma sembra un wok… col coperchio ma senza manici! – esclamò Aiello entusiasta. Il suo animo assopito da scienziato si stava risvegliando.
– Sali.
– Oh, figlio mio, fai attenzione! – urlò suor Mary. – Tieni questo. La suora diede un fagotto al figlio e lo abbracciò dolcemente. – Sali.
– Ma anche tu ti ci metti, suor Mary?
– Mamma…
– Mamma. Capisco lui che è un folle che crocifigge le persone e ha un UFO-wok nella rimessa. Ma tu! Tu sei normale!
– Io, figlio mio, sono stata in un luogo che mai mi renderà possibile l’essere normale. Sull’altare con tuo padre.
– Ma ti sembra il momento di scherzare!
– Non sto scherzando. Sali.
– Il tempo stringe, abbiamo dieci secondi, nemmeno.
Immanuel Lightbeam si tolse il cappotto di cammello e lo mise sulle spalle del figlio. Poi diede due colpetti all’UFO-pentola, nel quale risuonò il vuoto. Ad Aiello non sembrò per nulla un veicolo resistente. E non aveva tutti i torti.
Un portellone, anziché aprirsi lentamente come nei film, cadde difatti giù di botto, e l’intera struttura cigolò come la molla a sostegno del cono in gomma sul furgoncino.
– Ma come fa a volare?! Dove sarebbe il motore?! – chiese Aiello mentre Immanuel lo spingeva dentro e la suora si asciugava il viso col velo, che si era appena tolta scoprendo i lunghi capelli contro il volere del Cielo Oscuro.
– Sta tranquillo, – gli disse Immanuel, sbattendogli il portellone sul viso in cerca di conforto, – volerà. D’ora in poi quasi tutta la tua vita sarà un volo, figlio mio.
Aiello iniziò a sbattere coi pugni contro la finissima fusoliera nera dell’UFO-pentola, come uno che si trovi all’interno di un sommergibile alla deriva e senza più aria da respirare.
– Aiuto! Fatemi uscire! Mamma! Mamma!
Il portellone si riaprì e Aiello pensò che il padre avesse ascoltato le sue suppliche. Ma non era così.
Il ragazzo fu respinto dentro al veicolo dove cadde a sedere, era vuoto!
– Dimenticavo, Aiello. La tua spada, non perderla.
Immanuel Lightbeam lanciò accanto al ragazzo la Spada di Occamo e richiuse: – Portalo al Biblioteca di Alessandria-Tob.
Poi, ogni cosa intorno ad Aiello divenne verde acido, e un pungente odore di coriandolo, commisto a un viscoso intruglio fosforescente, si “singolarizzò” nell’abitacolo, avvolgendo completamente il nuovo Predestinato.
(Continua…)
L’Episodio XXV di Alan Scuro – Boato Cosmico – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 07-07-2023, alle ore 00:00.
Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi
(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)
