Lira fermò l’auto non appena la strada si interruppe, davanti a quel bosco invernale di alberelli torreggianti.
Lei e Alan Scuro camminarono sul tappeto di foglie morte, vivacemente cosparse da colori caldi che quella loro morte andavano in qualche modo ad abbellire.
Sarebbe stato un bel posticino, ma Lira camminava quasi sulle punte, per evitare di schiacciare la miriade di cimici puzzolenti che infestava il sottobosco. Alan Scuro invece le schiacciava senza farsi problemi, costringendo Lira, appena dietro, a tapparsi il naso disgustata.
Alan scuro, nonostante le continue sollecitazioni della ragazza per farsi dire chi fosse il pilota della piccola astronave appena precipitata, non sembrava volerglielo dire.
Lira pensò che il cinquantenne non fosse sicuro al cento per cento di chi fosse il pilota, perché sapeva che gli UFO-pentola erano il mezzo di trasporto usato dalla Chimichanga Dam, per portare i Prestabiliti nell’Artico non appena avessero compiuto i diciassette anni; e in generale per tutti quegli spostamenti terrestri che, se fossero stati svolti coi robottoni, non sarebbero passati inosservati.
Ma Alan Scuro conosceva bene quel pilota, che davanti ai loro occhi, e a chi sa quante fotocamere, era sceso dalle nuvole tarpanti gli obliqui raggi di sole, inseguito da due caccia Raptor, aveva traballato, si era rigirato, aveva picchiato ed era risalito, per poi cadere giù come una pera matura, proprio nel boschetto dove ora la strana coppia si stava addentrando.
Alan Scuro sapeva chi era, perché nessun altro pilota avrebbe infranto una delle regole cardine dei Prestabiliti, ossia quella che emanava: “Il primo novembre scade la licenza dei Prestabiliti sulla Terra, dunque ogni Prestabilito dovrà salire sulla navetta che lo riporterà nella base artica della Chimichanga Dam, e da là dovrà tornare nello spazio alla guida del proprio Tob, per combattere i Nemici Dell’Umanità. Finché puzza non ci separi!”.
Alan Scuro sapeva chi era ma dentro di sé continuava a sperare che non fosse lui, proprio come quando a casa arriva qualcuno di indesiderato del quale riconosciamo la vettura, ma dentro di noi, fino all’ultimo, fin quando il malvoluto non scende, continuiamo a sperare che non sia lui, bensì un’altra persona più gradita.
L’UFO-pentola se lo ritrovarono davanti: era incagliato di sbieco nel terreno fra tronchi spezzati. Sbuffava fumo, tanto fumo, e puzzava dello stesso odore di frizione che Lira si era dovuta sorbire durante le strazianti ripartenze in salita di Alan Scuro.
D’un tratto, lateralmente all’UFO-pentola si aprì un portellone, e nell’aria fumosa si intravide la sagoma di un ragazzo, che in una mano reggeva a malapena una lunga spada luminosa, mentre nell’altra, impugnava saldamente una bottiglia.
Alan Scuro non aveva dubbi: suo malgrado, a fargli visita quel giorno era proprio il pilota del Faro di Alessandria-Tob, il Faro-Tob, l’americano Aiello Lightbeam, che in tutto il suo tragico splendore, aveva iniziato a barcollare verso Lira.
Il pilota, molto magro e visibilmente ubriaco, indossava la classica tuta argentata con bande rosse della Chimichanga Dam, ma sopra questa, un lungo cappotto di pelle lo avvolgeva svolazzando e donandogli un’aria pulp.
Lira, indietreggiando, non riusciva a leggergli gli occhi, perché Aiello li teneva rivolti alle foglie, per non incappare in qualche radice ma più intensamente perché era in preda a una sbornia triste. Attraverso i suoi capelli neri, che gli cadevano sul volto abbassato, la ragazzina riusciva solamente a intravedergli i due zigomi pronunciati, e la leggera incurvatura di un naso vagamente dantesco.
Alan Scuro lo guardava come si guarda un figlio rincasare dopo una festa, ma non diceva nulla. Del resto, l’ubriacone aveva una spada.
Giunto davanti a Lira, che nel retrocedere era stata fermata da un tronco, Aiello scolò la bottiglia che poi lanciò subito via, alzò lo sguardo verso di lei e poi la spada di luce al cielo d’inverno.
– No, non farlo! Alan, aiutami! – Urlò Lira spaventata, sperando nella protezione di Alan Scuro, rimasto ahilei impassibile. – Ah!
Aiello fece volteggiare l’elsa della spada sul dorso della mano, e un fascio di luce come di un faro marittimo investì gli alberi, proiettando una raggiera d’ombre tutt’intorno. Poi la riafferrò saldamente, la infilzò a terra davanti alle tremanti gambe della ragazza, e si inginocchiò sostenendovisi nel proferire, mantenendo uno sguardo che finalmente Lira poté leggere intenso: – Sei bellissima, oh mia dolce amata, anche se ti è spuntato quello strano neo… Per troppo tempo non mi hai risposto, mia amata dolce, ma ora sei qui, finalmente sei tornata! – e, non più riuscendo a star su con la spada, cadde sopra Lira, che lo accolse fra le braccia, finendo infine a terra con lui per il troppo peso.
Alan Scuro si decise finalmente ad entrare in azione, e, stando attento a non colpire la ragazza, sferrò ad Aiello un calcio nelle costole, che lo fece rotolare via sul letto di foglie e cimici, e finire rivolto al cielo, con sul volto il sorriso innocente di chi stava facendo un bel sogno.
– Alan, – chiese Lira guardando il ragazzo poco più grande di lei, – chi è questo tipo, mi conosce?
– Si chiama Aiello Lightbeam e no, non ti conosce, – le rispose Alan Scuro caricandosi il fardello in spalla, – ma assomigli alla ragazza che amava.
– Era bella? – chiese lei rialzandosi, per poi punzecchiare la spada, non più luminosa, con un rametto; per vedere se esplodeva.
– Raccoglimi quella spada, ora è innocua, – glissò Alan Scuro. – E portiamolo a casa prima che tornino a prenderlo. Là ti racconterò anche la sua storia.
(Continua…)
L’Episodio X di Alan Scuro – Mezzo amore – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 24-03-2023, alle ore 00:00.
Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi
(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)
