Lira dopo il sessø era sgattaiolata fuori dalle lenzuola. E ora se ne stava rannicchiata sulla sedia della scrivania, in mutande bianche, e i capelli scuri, voluminosi le cadevano lungo la schiena e fra i gomiti e le gambe.
Il fiocchetto rosso se lo era legato a braccialetto sull’esile polso, per non dimenticarlo in casa altrui.
Teneva i talloni sul bordo della seduta e i polpacci le premevano il sotto delle esili cosce pallide. Poteva sembrare che per un ritrovato senso del pudore verso di lui, Lira avesse voluto coprirsi il piccolo seno con le ginocchia che teneva abbracciate, ma in realtà – la realtà è sempre più semplice di quanto si immagini – così stava semplicemente comoda per giocare a fare le bolle.
Infatti Lira stava soffiando innocentemente nel cerchietto di plastica di uno sparabolle che aveva trovato poc’anzi nel cassetto, creando un susseguirsi di bolle e bollicine che a ondate invadevano la stanza.
Le uscivano velocissime, come sospinte da una voglia di esisterle intorno, ma poi rallentavano, rimanendo sospese a mezz’aria e, quelle che non scoppiavano in volo, lentamente scendevano in moti casuali sane e salve sul pavimento, e scomparivano lì. Plip
Tuttavia qualche bolla si adattava alla superficie alla quale era stata destinata, e vi si adagiava senza scomparire. Soprattutto quelle che, per un vento invisibile, volavano fino al piano della scrivania bianca, lucido e polito, trovandovi una, seppur momentanea, salvezza. Anche se, pensandoci bene, non esiste una salvezza che non sia momentanea.
In quei casi, quando una bolla si adattava per non scomparire, Lira restava a fissare quel miracolo di sapone, senza tuttavia mai pensare che lo fosse, un miracolo. Perché per potersi poggiare sulla superficie bianca della scrivania, per sopravvivere alla propria natura, la bolla aveva rinunciato alla metà di se stessa. E peggio, ora non avrebbe mai più potuto volare.
E ora Lira si stava perdendo nelle iridescenze di una di queste bolle, solo temporaneamente più fortunate delle altre. Era come se vi vedesse una puntata del suo recente passato, la puntata precedente, con Alan Scuro che con lei era andato a comprare il pecorino, con lei era tornato a casa e con lei aveva cucinato la carbonara.
Insieme avevano mangiato e insieme avevano passato tutto il pomeriggio senza dirsi nulla, se non cose del tipo: – Bella casa! – Grazie. – Mi passeresti l’acqua? – Tieni. – Posso intervistarti? – Prima il modellino. Potete immaginare da soli chi fosse chi in questi stralci comunicativi.
Dopo il pranzo lui si era messo sul divano a guardare una puntata di Dumdam e lei era rimasta là a fissare lui, fin quando, stanco della compagnia, Alan Scuro le aveva chiesto di andarsene.
Plip
Ora invece con lei c’era Orione, che dal canto suo stava sotto al lenzuolo, al di qua dell’enorme pancia che si ritrovava e che si ergeva a promontorio fra lui e Lira.
Non sapeva nemmeno come c’era finito in quella piacevolissima situazione. Lei gli aveva chiesto di comprarle il Remo-Tob giocattolo e lui da bravo sottone, aveva ubbidito, perché in clausola alla richiesta c’era stata la promessa di un’uscita romantica a San Valentino, con tanto di gelato e passeggiata.
E per Orione, con quella barba lunga solo sotto al mento, i rotoli di ciccia e i capelli tutti scompigliati come un’accozzaglia di spugne di ferro usate per anni, quell’uscita con Lira era la più importante possibilità di riscatto sociale che la vita gli avesse concesso fino ad allora.
Per anni aveva sbirciato dalla fumetteria, mentre lei passava per recarsi dalla scuola all’ospedale, e per anni i suoi amici della fumetteria lo avevano visto rimanere imbambolato con l’ultimo volume di Buffo-Bot in mano, scattando veloce a far finta di leggere se lei, fugacemente e piena di disinteresse, buttava uno sguardo al di là della vetrina. E per questo, loro che erano del suo stesso rango, ma già talmente disillusi da preferire le ragazze disegnate dei fumetti, lo prendevano in giro.
Orione avrebbe detto così agli amici della Fumetteria Pascal: – Beh, sì, sapete, ora esco con una della mia classe. Forse l’avrete vista passare di qua dopo la scuola. È introversa ma molto carina e ha un neo sulla punta del naso. Ci piace molto fare passeggiate e mangiare il gelato – e loro sarebbero finalmente morti di invidia, coscienti della netta superiorità della tridimensionalità.
Ed eccola là Lira, che faceva le bolle, al di là del promontorio Orione.
Non appena era venuta a conoscenza che il modellino in edizione limitatissima del Remo-Tob sarebbe stato consegnato a Orione proprio nel giorno di San Valentino, non solo era uscita con lui per la passeggiata col gelato in mano, ma gli aveva anche chiesto se avesse casa libera e se gli andasse di occuparla insieme.
Poi tutto era stato come quelle bolle che si susseguono veloci, forse anche troppo veloci, e che non si ha il tempo di imprimere nei ricordi.
– Il campanello, – disse Orione a una Lira perduta in una bolla, – sarà il corriere. Vado io a ritirare il pacco.
– No, – intervenne lei, scorata e già quasi completamente rivestitasi, – ci penso io, tu hai fatto già tanto.
– Veramente, io…
– Cosa?
– Ora stiamo insieme?
– Nella stanza dei tuoi intendi? Sì, direi di sì, – lo smorzò lei, infilandosi la seconda scarpa per poi subito afferrare la borsetta.
– No, seriamente, io vorrei che tu… Ed io… Insomma…
– Ora non ho tempo di salvarti, Orione, devo prima salvare me stessa dalla bocciatura, – gli disse lei, soffiando al ragazzo un bacio da lontano e subitamente sbattendo la porta.
Alan Scuro, quella stessa sera, si preparava per il suo primo San Valentino perfetto dopo ben trentatré anni di duro servizio militare interplanetario.
La cassetta che da ragazzino lo aveva svezzato, PORN0ANNA, era già nel vecchio videoregistratore che aveva fatto recuperare a Rob Secret dalla sua vecchia casa di Roma, insieme alla sua collezione di Dumdam e a qualche foto.
Sul tavolo aveva già apparecchiato tre pacchetti di fazzoletti, del gel non per capelli e una bottiglia di birra scura. Alla serata di San Valentino perfetta, mancava solo la pizza. Ma il campanello, seppur annichilito dal volume della febbre del sabato sera, stava suonando.
Era Lira: – Signor Scuro, buonasera… Ma come si è vestito? Se così si può dire…
– In quella scatola c’è il mio modellino?
– Sì, – rispose Lira, sbirciando il tavolo imbandito a festa e la cassetta ferma su un’immagine scomoda, – ma torno domani.
– Dammi il modellino.
– No, Alan Scuro. Prima l’intervista. E comunque oggi non mi va più di fartela.
Lira tornò verso casa, e sorrideva. Ma non per quel gioco dei sentimenti che fa la solitudine quando se ne va dopo tanto tempo, quindi non per Orione, bensì per Alan Scuro.
Il cinquantenne, con sotto solo le mutande rosse e i calzini scuri, accortosi in ultimo del suo sbirciare, si era difatti voltato verso la televisione, allargando nella piroetta le braccia a crocefisso. Ma nel cercare di coprire le vergogne della signora, ormai deceduta, Pornø-Anna, l’eroe galattico aveva mostrato a Lira perlopiù l’impronta del ferro da stiro sul retro della camicia, che indossava aperta, e, peggio, le sue vergognose terga d’eroe.
(Continua… Ma tu continua a leggere qui sotto!)
Nuovo dialogo fra Alan Scuro e l’autore:
- Terga?
- Terga!
- Terga…
- Terga.
L’Episodio VI di Alan Scuro – Scuola guida – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 24-02-2023, alle ore 00:00.
Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi
(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)
