Alan Scuro – Episodio VII – Scuola guida (seconda parte)

Bobik era come morto e divenuto un essere ormai innocuo, vinto dal silenzio e dalla prigionia. Ma in lui tumultuava la muffa rossa, in una miriade di voci fungine.

Così il tempo in quella gabbia passò indistinguibile, umido e blasfemo.

In un giorno come tanti, ma che Bobik non sapeva essere quello del suo diciassettesimo compleanno, e dunque nel suo ultimo giorno di prigionia, la guardia, che forse un po’ in quei nove anni gli si era affezionata, si avvicinò alle sbarre per dire addio a Bobik. Ma dovette ritrarsi subito, perché l’Ammuffito la attaccò ferendola al volto con unghie affilate come quelle del demone Nargal, il dio babilonese degli inferi.

La donna dovette ripararsi oltre la cella di Bobik, per cambiarsi il velo sul volto, lacero e insanguinato. Vennero allora due nuove vergini delle lische a sostituirla, ma anche se avrebbero dovuto vegliare su Bobik solo qualche minuto, per accudire un tale demonio c’era bisogno di averne paura. E certe paure vanno apprese.

Bobik, intanto, le osservava come un fungo velenoso osserva i cercatori di funghi, e tra le miriadi di voci sporadiche che lo popolavano, una sembrava molto attenta ai movimenti delle sue nuove silenziose guardiane, e ne discuteva in consesso con le altre: – Puttane vergini, come nulla fosse si avvicinano alle sbarre con l’impudenza di chi vuole dimostrare qualcosa, un comportamento tipico delle reclute, soprattutto di quelle che non prenderanno mai i gradi. Potresti rompere il vaso e fare di un coccio un’arma. No, quel vaso pieno di merda è l’unica cosa che possediamo, ci tengo. Allora usa le unghie. Era quello che avevamo in mente tutti di fare. Io no, tengo molto alle nostre unghie. Noi sì.

La prima guardiana fu subito sgozzata da Bobik, che l’aveva in un impeto afferrata oltre le sbarre, e alla seconda, accorsa con le chiavi della cella appese alla cintola, toccò subito dopo la stessa tragica fine.

Nemmeno loro dissero nulla, né spirando emisero alcun gemito, ma qualcosa in Bobik lo spinse a togliere loro il velo. Voleva conoscere il volto delle sue prime due vittime, così distanti, nel loro silenzio, dai tumulti delle sue miriadi di voci.

Ma al di sotto, in una smorfia di terrore, Bobik riconobbe i giovani volti delle sue sorelle Ishtari e Samasi. In quel momento Bobik morì la seconda e ultima volta.

Ma la muffa che lo infestava era più ostinata e sembrava avere molte più vite della Fenice delle Lische, simbolo sino ad allora dei sovrani del Tempio.

Nelle sinapsi di Bobik, che ora erano ife, subito si propagò il ricordo delle voci delle sue sorelle, che in quegli anni erano state assoldate da Siro nelle Vergini Delle Lische, e uno straziante grido d’ira pervase ogni stanza, alzandosi nel cielo azzurro oltre le tre cupole persiane a forma di cipolle dorate del Tempio, echeggiando poi in quel villaggio fuori dal tempo e in tutto l’Iraq.

In un attimo, la guardia ferita poc’anzi era già rientrata pronta a proteggersi con la sua micidiale scopa dalle mille punte, ma Bobik, un’animalesca figura ammuffita nel tetro della guardiola, la evitò in rapido scatto, e dopo averla accecata con l’indice e il medio a V, uncinò le falangi che ancora le teneva invischiate nel cranio, e la accompagnò sul pavimento, abbattendola.

Questa volta non si fermò a vedere chi fosse quella donna, perché alla muffa non interessava.

A una a una, la muffa rossa che infestava il corpo di Bobik dilaniò ogni vergine delle lische che gli si parò davanti, finché il sangue non gli cosparse l’intero corpo fungoso, lasciando distinguibili solo i bianchi occhi senz’anima, dell’Ammuffito.

Non ci volle molto perché Bobik si trovasse a spalancare il portone della Sala Grande del Tempio, che aveva riconosciuto dalla sempre maggiore mole di guardie da abbattere nell’avvicinarvisi. Nello spalancare, Bobik era Nargal in persona, se così posso dire in riferimento a un demone.

Al di là, seduto sul trono, stava Siro, con indosso la veste viola sacerdotale e l’elmo raffigurante la Fenice Delle Lische.

Il sovrano aveva un pugnale ondulato di cristallo in mano, e sotto la lunga barba nera, sorrideva.

– Figliolo, ti sei finalmente liberato, e proprio nel giorno del tuo diciassettesimo compleanno. Non dovevi scomodarti, ti avremmo aperto noi! Ebbene, dal casino che hai fatto immagino che tu non abbia riconosciuto le donne della tua famiglia, ma non preoccuparti, ne hai quante ne vuoi di sorelle nel villaggio. Per il resto…

Molte furono le voci che da Bobik proferirono queste parole: – Dov’è il pozzo di spine dove hai gettato nostra madre?! Semiramo mi aveva detto che..

La curiosità di Bobik non era casuale. Difatti nella Sala Grande, a differenza di ciò che gli aveva detto Semiramo nel giorno del suo addio, non c’era alcun pozzo di spine, ma solo colonne dorate, un lungo tappeto arabo e statue d’oro di temibili divinità dimenticate.

– Semiramo, Semiramo, – disse siro lisciandosi la barba, – il povero pescatore che salva tre bimbi da un tiranno con accesso a tecnologie ancestrali, e che per giunta riesce pure a farla franca. Ma per favore. Ho detto io a Semiramo di badare a voi.

– Perché? – chiese l’Ammuffito, ruggendo.

– Doveva farti soffrire di fame e di stenti fino ai tuoi diciassette anni, e la storia di tua madre gettata nel pozzo di spine doveva solo servire a farti soffrire la peggiore delle solitudini, così da prepararti a quella terribile, ma più tollerabile, che avresti trovato una volta divenuto un Prestabilito, nello spazio profondo. La tua intera esistenza, Bobik, doveva essere una sorta di scuola guida.

– Perché?

– Perché per me tornare a ottobre, per un solo mese all’anno, non bastava. Io avevo tutto, ma lo avevo qui sulla Terra, e quando a diciassette anni mio padre, come oggi io lo dirò a te, mi disse che avrei dovuto lasciare le mie ricchezze per combattere quei mostri nel Cosmo di Nessuno, quasi divenni matto e dunque cercai di avere quanto prima un figlio maschio. Cosicché in soli diciassette anni, sarei tornato per sempre. Tu Bobik sei stato la mia salvezza, e io ti ho privato di tutto, per esserne la tua.

Bobik a quelle parole ringhiò morte a labbra serrate. Eppure Siro non sembrava preoccuparsene: – Ma quando avevi solo otto anni, al mio ennesimo ritorno ottobrino da… Lassù, gli americani hanno minacciato di ucciderti, Bobik, e ho dovuto farti rinchiudere, fino al tuo diciassettesimo compleanno, fino a oggi, ovvero, fino al giorno della tua partenza per prendere il mio posto, alla guida del Babi-Tob.

(Continua… Ma tu continua a leggere i contenuti speciali!)

Nuovo dialogo fra Alan Scuro e lo scrittore di Alan Scuro.

  • Scrittore, per cosa sta il nome Babi-Tob?
  • Alan Scuro, è il robottone di Bobik, ispirato ai Giardini Pensili di Babilonia.
  • Ah! Ti ho fatto fare uno spoiler!
  • Fanculo, Alan Scuro…

L’Episodio VIII di Alan Scuro – UFO-pentola a Monsampietro Mollico – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 10-03-2023, alle ore 00:00.

Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi

(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)

Il racconto è finito, per ora. Grazie per il tuo tempo e, se ti va, condividilo!

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