Alan Scuro – Episodio XII – Il numero Cim (parte due)

Ci volle del tempo perché si riprendesse, ma per farlo, Aiello dovette trovare un altro obbiettivo da perseguire.

Tornato a essere un semplice bambino delle elementari, Aiello passava le sue giornate seduto su un’altalena ferma, nel parchetto dell’orfanotrofio Lightbeam, sotto il caseggiato di mattoni rossi che per lui era casa. La matematica non gli interessava più, né aveva piacere nel passare il tempo con gli altri ospiti dell’istituto.

Rifiutava i tornei di pallavolo, di calcio e di pallacanestro organizzati dalle suore, perché affermava che nei singoli insiemi delle due squadre contrapposte, vi fosse qualcosa che l’arbitro non riusciva a vedere: un Ente che, se voleva o doveva, poteva sconvolgere drasticamente l’equilibrio in campo.

Rifiutava i videogiochi, perché quello stesso Ente vi si trasformava in un livello nascosto vanificando il concetto stesso di ultimo livello; i fumetti, dove l’Ente diventava un capitolo segreto impossibile da leggere, rovinando ogni finale, e il collezionismo di carte, o degli altri feticci della cultura nerd che piacciono tanto a Orione, perché Aiello affermava che in ogni collezione di figurine, seppur completa, mancasse sempre una figurina rarissima: la figurina dell’Ente, rara segreta e… improbabile.

– Sì, ma Ente cosa? – gli chiedevano i coetanei senza ricevere altra risposta fuorché: – Non ne ho la più pallida idea. Tuttavia già l’assenza dell’idea dell’Ente che cerco, per un gioco della logica che non capireste, è l’Ente.

Così i compagni lo lasciavano là da solo a ciondolare, perché in buona sostanza già era dura vivere lo stigma di orfano, dunque nessuno voleva accostarsi anche al matto dell’orfanotrofio.

Perciò Aiello restò fuori da molti insiemi, tanto che col tempo iniziò a pensare che l’Ente stesso fosse il suo unico amico, l’unico che comparisse quando nel suo insieme Aiello era da solo e l’unica parte di lui che sarebbe restata alla sua morte.

Nonostante fossero passati già due anni dalla scomunica del MIT, qualcosa in Aiello, velatamente e nel profondo, ancora sosteneva l’inesistenza degli insiemi stessi, e di tutto ciò che essi comportavano.

Tuttavia il ragazzino, stanco di non riuscire a farsi capire, non provocava più, rispondendo solo se provocato. Come quella volta in cui all’orfanotrofio giunse una nuova suora, scortata dal furgone dei gelati dello Zio Elvis, la quale non conoscendo Aiello e vedendolo ciondolare sull’altalena ferma, decise ingenuamente di andarci dialetticamente a sbattere.

– Tu sei Aiello, giusto? Mi hanno detto che non credi nello zero perché pensi che al suo posto resti un’entità, giusto?

– Se vuole o deve -, le rispose il ragazzino sistemandosi gli occhiali, – in ogni insieme c’è un Ente che, quando vuole o deve, è anche in tutti gli altri insiemi. E non è lo zero, perché tolti tutti gli elementi da un insieme, vi resterà comunque l’Ente, che intanto, se voleva o doveva, avrà fatto già precedentemente sue le caratteristiche in comune degli elementi sottratti da quello stesso insieme. Oppure le farà sue quando non ne resterà nessuno, in un batter d’occhio, impedendo dunque all’insieme di scomparire e di conseguenza allo zero di esistere… No, lo zero non esiste. Ma ho dei dubbi anche sull’uno.

– Certo, Aiello, – gli disse la giovane suor Mary Firecross, – l’Ente di cui parli sempre è Dio, che è in tutte le cose e allo stesso tempo le racchiude!

– Dio nemmeno può esistere, – le rispose lapidariamente Aiello, – perché nell’insieme di tutto ciò che è Dio deve esserci lo stesso quell’Ente, semmai l’Ente abbia voluto o dovuto entrarci, in quell’insieme… Inoltre se scomparissero tutte le divinità, ecco che l’Ente, essendo costretto a farsi divinità per evitare la scomparsa di quell’insieme, sarebbe l’unico Dio in cui lei, suor Mary Firecross, potrebbe credere. Lei crede nel suo Dio perché è la divinità che dall’insieme le è capitata nascendo a Boston, ma se nessuno le avesse mai parlato di Gesù né di nessun altro supereroe, quella tensione che avrebbe sentito sarebbe stata l’Ente che ho postulato, che è presenza nell’assenza. Se non ci fosse stato l’Ente, che è il primo, l’improbabile e l’ultimo elemento di ogni insieme, anche le idee umane non avrebbero avuto un insieme in cui inserirsi. Dio compreso, che è solo un’idea.

– Io non sono di Boston, – disse la suora, prima di andarsene col velo ondeggiante di rabbia.

– Aiello, – intervenne un orfano avendo visto suor Mary Firecross filargli accanto farfugliando un esorcismo, – cosa hai detto alla povera suor Mary Firecross? Sembrava terrorizzata. Ti prego, non far trasferire anche lei… È tanto simpatica…

– Le ho detto solo che Dio non esiste. Ma non capisco perché si sia arrabbiata… In fondo le resta sempre il poter credere nell’Ente!

– Non lo so, Aiello, ho solo dieci anni… Come te… Senti, vado con gli altri al campo da basket. Vuoi venire? Ce ne manca uno per le due squadre da cinque. Giochi con me! Noi saremo i Firecross’s Power!

– Due squadre da cinque con un improbabile Ente in ogni squadra, ma l’Ente va considerato forse presente lo stesso in entrambe, anche se comparirà, in questo caso come giocatore, quando vorrà o dovrà, e sempre ogni volta che la squadra decrescerà fino a zero giocatori, quindi quando finirà la partita. Non vengo, le partite di pallacanestro sono tutte truccate a priori.

– Fai come vuoi, Aiello, – gli disse il ragazzo facendo rimbalzare la palla sul selciato, – se cambi idea, ci trovi al campo.

– Verrò quando ve ne sarete andati tutti, per vedere l’Ente.

– Io ci ho provato, Aiello…

Nemmeno l’arrivo del furgoncino dei gelati di Zio Elvis, tutto bianco e con un cono sopra con tre palline a simboleggiare i gusti fragola, crema e cioccolato, destava più l’interesse del geniale, o pazzo, piccolo Lightbeam.

Quando gli altri bambini, all’avvicinarsi della musichetta del vecchio gelataio, correvano a prendere la propria cialda, Aiello rimaneva a non ondeggiare sulla sua altalena. Del resto Aiello considerava un cono gelato senza gusti come un gelato al gusto Ente, il suo preferito.

Era un bambino con un’idea, Aiello. Non sapeva se fosse un’idea geniale o solo una fantasia, ma ci credeva con tutto se stesso. Tuttavia gli adulti che potevano aiutarlo a realizzarla gliel’avevano bocciata, mentre i suoi compagni di vita non potevano comprenderla. E come spesso accade in questi casi, crescendo, sui sedici anni, anche Aiello smise di crederci.

Era stanco di sentirsi emarginato, di essere il diverso, perché era in quell’età dove essere come tutti permette di avere più possibilità in amore, il nuovo ente che Aiello si trovò a fronteggiare. Ben più forte e tirannico dell’altro che per tanti anni gli aveva fatto compagnia.

Aiello per trovarsi una ragazza avrebbe fatto di tutto, compreso il dimenticarsi, l’adeguarsi e il divenire un ragazzo qualunque. Un ragazzo geniale qualunque.

– Pensare come la pensano tutti, essere tutti uguali, penso sia la soluzione migliore. La soluzione di vita più semplice non è distruggere la matematica attraverso l’Ente… è non pensare più alla matematica né tanto meno all’Ente, – si disse il ragazzo, dopo aver visto passargli davanti due sorridenti compagne in divisa, che non gli erano sembrate più quelle del giorno prima.

Attratto dal nuovo ente, Aiello prese a scendere dall’altalena, ad avvicinarsi ai compagni con un “Posso giocare anch’io?” e senza farsi più improbabili problemi. Prese ad annuire alle parole di suor Mary Firecross, a credere, come lei credeva in Dio, nella matematica, perché seppur quella scienza inesatta avesse in seno problemi irrisolvibili, non per forza doveva essere sbagliata a priori. Prese a essere uno di quelli che lo avevano escluso perché non lo avevano capito, prese a non capirsi più. E là, nell’insieme formato solo da elementi accomunati dalla stessa natura di ignoranti, Aiello prese finalmente a sentirsi accettato, a essere felice.

In poco tempo, usando il suo genio per fini ben diversi dallo scoprire una legge che semplificasse l’universo, Aiello divenne il più fico dell’istituto.

– Sai, – disse un giorno Aiello alla ragazza in divisa che davanti all’altalena per prima gli aveva sorriso, – ho cercato per molto tempo un numero improbabile che risolvesse l’irrisolvibile, eppure quando mi hai sorriso, non mi ero accorto che fosse da qualche parte nascosto dentro di te. Posso cercarlo?

Poi, questa stessa frase, Aiello la disse anche all’amica qualche giorno dopo.

Presto le ragazze in divisa caddero tutte ai suoi piedi, affascinate dall’immensa capacità di intortare mista a conoscenza che il ragazzo sprigionava in ogni conversazione. A differenza dei suoi compagni, che se andava bene, parlavano con cognizione di causa solo delle figurine del baseball. E senza mai ipotizzare che in ogni collezione, seppur completa, ne mancasse sempre una.

(Continua…)

L’Episodio XIII di Alan Scuro – La ragazza dei libri sospesi nel cielo – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 14-04-2023, alle ore 00:00.

Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi

(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)

Aiello ok

Il racconto è finito, per ora. Grazie per il tuo tempo e, se ti va, condividilo!

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