Alan Scuro – Episodio XIV – Il numero Cim (Parte tre)

(Nell’episodio precedente scopriamo il Cosmo di Nessuno, dove Alan Scuro ha combattuto per trentatré anni e dove ora, in sua assenza, nebulose di cimici se la prendono coi teneri scimpanzé di Bobik, raffazzonati piloti di UFO-Pentola. Purtroppo, uno di loro non ce l’ha fatta…)

Con le sue micidiali Nebulose DDT Bobik vendicava il suo scimpanzé sotto lo sguardo impotente ma furibondo di Armoniosa. Lei era la figlia di Didamante, giunta ai confini dell’universo col Remo-Tob di Alan Scuro solo grazie al Richiamo Cim dell’astronave Matron, perché impossibilitata a pilotare altro dal Rodi-Tob di suo padre, attualmente rotto e senza testa.

Intanto sulla Terra, più precisamente sul divano di Alan Scuro, il Prestabilito americano Aiello, causa della rabbia della giovane Prestabilita greca dai fluenti capelli biondi, ancora si doveva riprendere dalla sbronza triste. Era come incurante del fatto che fosse l’unico a poter aggiustare i robottoni Cim a difesa del mondo. Dormire è bello, ma farlo sulle ginocchia di una giovane ragazza mentre rimandiamo qualcosa di estremamente importante lo è ancora di più.

Alan Scuro nel mentre Aiello ronfava beato ripeteva a Lira la sua triste storia, snervato dal non riuscire nel contempo a montare a regola d’arte il modellino del Remo-Tob in scala 1:144 a cui teneva tanto. Dopo che lui stesso, per sua ammissione interiore, aveva premuto troppo forte il delicatissimo Scudo Rettangolare nella rispettiva forcella di aggancio, l’aveva spezzata, e ora forzando lo scudo nell’incavo dell’avambraccio di plastica questo continuava a saltargli via, in un tripudio di colorite bestemmie commisto ad infondate accuse verso l’azienda produttrice del gioco.

Lira ascoltava perplessa, e fra una bolla di sapone e l’altra operava le dovute correzioni, limando dove possibile lo scurrile linguaggio del suo narratore di cinquant’anni e dai capelli tinti.

– Maledetta chimichanga Dam e maledetti i suoi modellini del cazzo fatti solo per spillare soldi alla gente. Comunque, dicevamo…

Dagli appunti di Lira su Aiello Lightbeam

La scuola era già iniziata da qualche settimana e mentre il sole irraggiava a fatica i mattoni rossi dell’orfanotrofio Lightbeam di Boston, Aiello stava baciando la sua ultima ragazza in divisa, tenendola per i fianchi stretti nella gonna di pieghe grigie. Nel vicolo interposto tra la mensa brulicante e i dormitori svegli, i due si respiravano a vicenda parole umide e incoscienti, sussurrate fra gli sguardi tenui e le carezze socchiuse dell’amore ingenuo e magnifico che vige a quell’età.

Erano da soli nella semi oscurità data dall’estrema vicinanza tra i due alti caseggiati, uniti in un bacio che sapeva ripetersi forte e dolce. Come il ritornello di una bella canzone d’amore in grossa parte dimenticata. Tuttavia non erano proprio soli soli, perché dal parco con l’altalena, e in generale da ogni stanza dei due caseggiati, provenivano le squillanti voci degli orfani più piccoli, in festa per la fine delle lezioni mattutine.

– Dovremmo andare a pranzo, Aiello. Non hai fame?

– Prima voglio finire di mangiare questo, semplice.

A quelle parole Aiello aumentò la pressione verso la ragazza in divisa, talché nonostante l’autunno si aprirono le foglie e furono altre cose che tutti sanno ma che nessuno dice. E sbocciò, edera sui mattoni, senza fronzoli né complicazioni, l’amore voglioso di riscatto di due orfani mai stati amati, di quegli amori che possono durare un giorno come due vite.

Tuttavia non durò che qualche ben nascosta carezza sotto la gonna, perché la presa a pinza di suor Mary Firecross all’orecchio del ragazzo lo strattonò via dalla gonna di pieghe concentriche, con una forza che le suore non dovrebbero in alcun modo possedere. D’un colpo l’edera bagnata tornò a nascondersi nella vergogna cementificata e la magia si risolse in un canto di chiesa scritto da qualcun altro e chissà quanto tempo prima.

La suora, dopo le lezioni li aveva pedinati e persi di vista quando un frisbee l’aveva colpita in fronte. Cercandoli poi nello sgranare il rosario in cerca di un segno, e avendoli notati con la coda dell’occhio, nascosti in quel vicolo come va nascosta un’opera d’arte dalle bombe, aveva raggiunto i due amanti mimetizzandosi con l’oscurità dello stretto passaggio, forte della sua tonaca nera di ondeggiante turbamento.

– Aiello… questa volta Christine, la settimana scorsa Rachel e quella prima la povera Savannah. Quando te la smetterai di intortare le tue sorelle orfane?! – ammonì la suora trascinandolo per l’orecchio verso il giardino con l’altalena, mentre Christine correva via dalla parte opposta lasciando dietro di sé solo una lacrima scintillante.

– Non sono mie sorelle, io non ho una famiglia, semplice!

– L’orfanotrofio Lightbeam considera tutti gli ospiti come suoi figli, ingrato! Io non sarei nulla per te?!

– Sei una suora – disse Aiello, – non sei mia madre. E smettila di tirarmi l’orecchio così forte, me lo stacchi, suor Mary!

Gustandosi quella scena ormai ricorrente, i ragazzi più grandi dell’orfanotrofio presero a tifare per Aiello, ma a modo loro: – Forza, Aiello! – Lo hai trovato il tuo Numero Piucheimprobabile questa volta?! – C’era in Christine o settimana prossima tenti con un’altra? – Vedi di non cercarlo in suor Mary Firecross, o per te saranno guai seri! – Rimarresti imprigionato nelle ragnatele! Ahaha!

La religiosa arrossì sotto al casto velo nero, e con più forza prese a trascinare Aiello verso l’ufficio di Scammort, posto all’ultimo piano dei dormitori. Cinque dolorosissime rampe di scale furono per Aiello la penitenza per aver amato in modi inconfessabili una ragazza in divisa anziché Dio.

– Adesso farai i conti col monsignor Scammort, vedrai, ti farà pentire di tutti i tuoi peccati.

– Se non sbaglio – disse Aiello con la voce rotta dall’ira, – questo è il terzo orfanotrofio dove il monsignor Scammort viene trasferito. Controllagli il computer! Dovresti giudicare i suoi, di peccati! Io stavo solo amando la mia Christine! Ahia!

– Non sai ancora cosa significhi amare, Aiello.

– Detto da una suora… Fai piano!

Presto i due si trovarono davanti all’ufficio del nuovo rettore Scammort, in fondo al lungo corridoio costellato di santi e madonne illuminate da finestroni anonimi e ripetuti. Padre Lifetree era morto qualche mese prima per un’infarto figlio dell’età, ma secondo alcune fonti interne all’amministrazione centrale degli orfanotrofi Lightbeam, la sua dipartita era stata causata dalla lettura di un certo Trattato sulla fosforescenza di Dio scritto da uno dei suoi orfani al posto del tema assegnato su L’animale domestico che vorrei.

Il nuovo rettore, decisamente meno affabile del vecchio Lifetree, a differenza sua non ammetteva visite se non in certi orari, e fu dunque sorpreso, nell’uscire dal proprio ufficio avvolto da una certa fretta, di trovarsi davanti l’immagine sacra di suor Mary Firecross e di quel ragazzo dal lobo rosso e pulsante.

– Monsignor Scammort, – riverì suor Mary Firecross, – Aiello…

– Ah no, no, no, – la interruppe il religioso col tricorno rosso in testa, e con un lungo soprabito nero da viaggio sopra la veste canonica, – suor Mary Firecross, proprio non ho tempo di occuparmi di Aiello oggi, ho un impegno col vescovo di Boston nel pomeriggio, forse vuole trasferirmi ancora, domani… Quindi questa volta se ne occupi lei di Aiello e delle sue perversioni. Questo moccioso… Più volte in un mese che sto qui, ogni volta che l’hai portato nel mio ufficio poi alla sera l’ho trovato a ficcare il naso nei miei affari! Ma ora basta! Aiello, sappi che ho cambiato la password e non è più password, quindi vedi di stare alla larga dal mio ufficio, stasera!

– Lo so.

– Ma monsignore, vede, lui…

– Niente monsignor e monsignor, io devo andare, ho il volo fra nemmeno un’ora.

– Ma non doveva vedersi col vescovo di Boston?! – chiese Aiello. – Sta a venti minuti, semplice!

– Fatti gli affari tuoi, piccolo demonio!

– Muori come il tuo dio, Scammort… – bisbigliò Aiello.

La suora, stremata dall’aver strattonato quel peccaminoso fagotto su per le scale, e il fagotto, col lobo dell’orecchio pulsante dello stesso colore del tricorno del religioso che se ne stava andando, rimasero così soli davanti all’ufficio del rettore, con la porta aperta e lo schermo del computer ancora acceso.

)Continua…)

L’Episodio XV di Alan Scuro – Il numero Cim (Ultima parte) – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 28-04-2023, alle ore 00:00.

Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi

(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)

Il racconto è finito, per ora. Grazie per il tuo tempo e, se ti va, condividilo!

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