Alan Scuro – Episodio XIX – Furgoni verde acido

(Nell’episodio precedente, abbiamo visto evolversi lo stallo fra Alan Scuro e Aiello Lightbeam. I due piloti stavano per annientarsi reciprocamente, condannando i propri robottoni al garage e, di conseguenza, l’intera umanità alla tomba. Tuttavia Lira, con risolutezza, ma con impresso nel bel visino il visibile timore di venire carbonizzata dal Prestabilito italiano, ha preso come ostaggio il suo delicatissimo modellino del robottone legionario Remo-Tob, al fine di placare animi e armi e di evitare la catastrofe. Il futuro del mondo è letteralmente nelle mani della giovanissima giornalista…)

Lira teneva Alan Scuro per le palle. In mano, la giornalista sedicenne stringeva la fragile riproduzione in scala 1:144 del Remo-Tob, attualmente introvabile perfino nel vastissimo quanto scorretto mercato nero dei reseller online.

– Guarda che lo rompo… Abbassa quell’arma tutta colorata, Alan Scuro!

Ma oramai il danno era fatto. E come disse Giulio Cesare varcando il Rubicone col suo perduto Romolo-Tob, alla testa delle legioni della Gallia cisalpina: – Fatum actum est roboti. Il destino del robottone è compiuto.

Lo Scudo Rettangolare del modellino, fatto combaciare a malapena al Remo-Tob da Alan Scuro usando pericolosamente il bisturi, al fine di adattarne l’anima maschile alla difettosa sede sul braccio snodabile, cadde sul pavimento confondendosi alle disseminate sprue. Così come una gamba intera del robottino, che nell’impatto esplose in mille pezzi come il cuore del suo turbato assemblatore.

In un lampo d’ira, Lira e Aiello, impotenti come lo furono gli abitanti di Hiroshima in quell’inopinato mattino del 6 agosto 1945, vennero investiti dai fantomatici centocinquanta megatoni di bestemmie di Alan Scuro. Una reboante processione di espressioni ingiuriose e di imprecazioni verso Dio, i Santi e le cose sacre, tale che, colte di sorpresa da una simile ondata di dannazione, le sprovvedute anime dei due atterriti astanti vennero immediatamente eiettate fuori dai rispettivi corpi, e impresse per sempre, come terrorizzate ombre perpetue, sulle pareti bianche della modesta casetta di Monsampietro Mollico.

– Scusa, scusa, scusa – disse Lira costernata, precipitandosi a raccogliere come poteva gli irriconoscibili pezzi del robottino.

Lira tentò maldestramente di rimontare prima la gamba, pensava che vedendolo stare nuovamente in piedi, Alan Scuro si sarebbe calmato. Tuttavia non appena appoggiò lo sconvolto modellino in scala 1:144 del Remo-Tob sul tavolo con un – Ecco, come nuovo! – questo rovinò sul piano, dividendosi ulteriormente e con una tale grottesca dirompenza che persino le minuscole fiammeggianti setole del cimiero in plastica trasparente finirono per terra, chissà dove.

Alan Scuro continuava a bestemmiare, inesorabile come un fiume infernale in piena. Sembrava aver dimenticato Aiello, Lira, la Chimichanga Dam, la Regina dei Nemici dell’Umanità che gli aveva portato via Didamante, i capelli da far tingere ogni mese e tutti quei piccoli problemi che i cinquant’anni danno agli uomini, come le palle che si ingrossano nei pantaloni aderenti da Prestabilito, rendendoli scomodissimi.

Sarà perché poco prima aveva perso l’anima, tuttavia in Lira, mano a mano che le bestemmie si susseguivano senza sosta, iniziò a sentirsi da costernata a divertita. Le parole, qualsiasi esse siano, dalle bestemmie alle offese a quelle d’amore, perdono di importanza se ripetute.

Ma non le durò molto.

– Alan Scuro, – disse Aiello abbassando la spada in spegnimento, – calmati, era solo un giocattolo.

L’ex pilota italiano si bloccò in una posa animalesca e minacciosa. Aveva la testa abbassata e le spalle flesse in avanti. L’ombra color caffè del ferro da stiro, impressa sul retro della camicia, sembrava puntare qualcosa che, ad Aiello Lightbeam, parve essere la propria vita.

Di colpo, Alan Scuro era sceso nelle cripte del silenzio ed era divenuto impossibile leggergli il volto. Inoltre stava a gambe divaricate, con i femorali tesi nei pantaloni metallizzati a bande rosse, che nonostante il problema sopracitato da cinquantenne, continuava imperterrito a indossare: incurante degli altrui sguardi indiscreti, lo facevano sentire ancora quello di un tempo. Anche la parte superiore della tuta gli piaceva, ma la pancia da pasta gliel’aveva sfilata per sempre.

A Lira sembrava la posa di un demonio offeso e pronto a uccidere, mentre ad Aiello quella di un uomo finito nel bagno turco della disperazione. Tuttavia entrambi si sbagliavano. Le motivazioni di quella pittoresca posa erano altre.

Alan Scuro, stava ascoltando.

Di colpo, l’ex pilota italianissimo andò alla finestra e scostò la tendina. Oltre la doppia zanzariera e oltre il giardino, due sinistri furgoni color verde acido avevano appena parcheggiato i loro vetri oscurati nella notte. Un logo simile alla mutilata statua dell’alieno monocolo che Alan Scuro aveva davanti casa, era impresso sul fianco di entrambe le vetture.

– Lira, – disse Alan Scuro completamente tornato in sé, – nascondi Aiello a casa tua per qualche tempo.

– Ma…

– Ma…

Fu chiaro il suono dell’aprirsi di due sportelli.

– Niente ma, passate dal retro. Andate, penserò io ai Secret.

Aiello comprese la situazione, Lira non poteva nemmeno immaginarla. Tuttavia i due ragazzi, raccattati frettolosamente spada e appunti, corsero verso la porticina del retrocucina che dava sull’orto dietro casa.

Prima che i due si dessero alla macchia, Alan Scuro richiamò sottovoce il ricercato pilota del Faro-Tob. Prima di farlo però, aveva atteso che Lira non fosse più nella posizione di poter sentire.

– Aiello!

– Dimmi, Alan Scuro.

– Dille qualcosa, o peggio toccala. E ti crocifiggerò nell’oscurità quant’è vero che sei…

– Una testa di cazzo, sì lo so. Non preoccuparti, Alan Scuro, – disse Aiello bisbigliando, mentre Lira correva fra i pomodori, con la torcia del telefono accesa. – Baderò io a tua figlia.

Alan scuro attese che Aiello si allontanasse, poi sussurrò fra sé e sé: – Una geniale… testa di cazzo.

Fu chiaro il suono del chiudersi di due sportelli.

Alan Scuro serrò dietro di sé la porta del retrocucina. Sospirò. Poi frugò nel taschino della camicia, fino a che non sfiorò la giuntura del modellino che aveva dimenticato di inserire nel ventre del robottino. Lo guardò e poi lo strinse forte nella mano: – In fondo, se ti si è staccata una gamba del Remo-Tob, è tutta colpa mia, Lira.

(Continua…)

L’Episodio XX di Alan Scuro – Tema – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 02-06-2023, alle ore 00:00.

Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi

(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)

Il racconto è finito, per ora. Grazie per il tuo tempo e, se ti va, condividilo!

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